giovedì 3 settembre 2009

VERSO IL FAMOSO MARE DEL SABAH (ALESSANDRA)

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La mattina presto abbiamo lasciato Kutching e ci siamo diretti all’ aeroporto per il volo fino a Kota Kinabalu, dove faremo scalo una notte.
L’ aeroporto sembra deserto e come al solito l’ aria condizionata è sparata al massimo.
Il volo è stato tranquillo: dopo neanche due ore siamo giunti a destinazione.
A Kutching il proprietario di una lavanderia ci aveva consigliato, una volta arrivati, di uscire dall’ aeroporto e superare lo stand dei taxi perché avremmo trovato diversi minivan diretti in città e avremo pagato 1,5rm anziché 30.
Accettiamo il consiglio: effettivamente il minivan di passaggio si ferma appena ci vede passare solo che ci costa 3 rm a persona (forse per via dei bagagli) e ci lascia alla stazione da dove dovremo prendere un altro autobus.
Armati di cartina riusciamo ad intuire il percorso e ci fermiamo nelle vicinanze dell’ ostello che avevamo prenotato via internet il giorno prima: lo raggiungiamo a piedi, sempre carichi come muli.
Ci giriamo intorno più volte prima di riuscire ad identificarlo con precisione ma una volta lì non facciamo neanche in tempo a varcare la soglia che una tipa ci viene incontro dicendo che la nostra camera è stata occupata da un’ altra persona: farfugliamo qualche frase di risentimento, lanciamo uno sguardo di disapprovazione e ce ne andiamo, sempre carichi.
Proprio lì vicino c’è un altro b&b e risulta economicissimo: certo è davvero spartano, adatto proprio alla sosta veloce di una notte.
Paghiamo 10 euro in due per una cameretta con un letto a castello e il bagno in comune.
Proprio sotto il b&b c’è un ristorante italiano, Bella Italia, di qualità mediocre ma con sconti del 50 % su pasta e pizza e con servizio di wireless: ci faremo pranzo e cena anche perché la città non ha molto da offrire e fa caldissimo, ma il tramonto è da tanto di cappello.


KK, come la chiamano qui, è la capitale del Sabah: una cittadina di mare di stile europeo ma alquanto anonima. In giro ci sono personaggi loschi.
Purtroppo non abbiamo tempo per fermarci e visitare i dintorni ( nelle vicinanze c’è anche la possibilità di trovare la rafflesia fiorita): la mattina seguente alle 8.30 abbiamo il pullman per Semporna, da dove ci imbarcheremo per Singamata, il posto in cui passeremo i 5 giorni successivi tra snorkeling e immersioni.
Abbiamo prenotato il taxi ma all’ora stabilita non si presenta nessuno quindi fermiamo il primo di passaggio e scappiamo verso la stazione ( che prima era proprio sotto il nostro b&b e che da poco è stata spostata fuori città.. che fortuna!).
Uscito dalla strada principale il tassista si addentra dentro piccole vie mal asfaltate e abbassa le sicure delle portiere: noi ci guardiamo perplessi senza capire le ragioni del suo gesto e un po’ diffidenti.
Poco dopo arriviamo alla stazione e tutto appare chiaro: veniamo letteralmente assaliti da onde di ragazzetti che tentano di aprire le portiere e il portabagagli chiedendoci in maniera agitata dove vogliamo andare etc.. sembrano delle scimmie: non per essere offensiva ma perché il paragone rende davvero l’ idea del modo in cui saltellavano da una parte all’altra senza sosta. Noi ci spaventiamo e Ale sta quasi per chiedere al tassista di rimettere in moto la macchina ma lui ci tranquillizza e spiega ai ragazzi che abbiamo già prenotato il pullman per Semporna: loro prendono comunque i bagagli e li portano fino al botteghino gratuitamente. Conveniamo che probabilmente sono pagati a percentuale dalle varie agenzie.
Il pullman, qualificato come executive, ha il vetro davanti spaccato ( probabilmente da una pietra ) ed ha un solo tergicristalli ( grande come quello di un’ utilitaria ).
Parte puntuale: ci aspettano 9 ore di tragitto.
Il percorso è comunque gradevole: passiamo dentro il territorio del Monte Kinabalu ( la montagna di 4000 metri che domina il paesaggio ) e attraversiamo piccoli villaggi caratteristici e distese di palme da cocco e di vaniglia pura.
Si avvicina l’ora di pranzo ma l’autista non accenna a fermarsi e continua a grande velocità azzardando continuamente sorpassi improbabili in curva che un po’ ci divertono e un po’ ci spaventano.
Scopriremo solo più tardi che non ci sarà nessuna pausa pranzo sulla tabella di marcia.
Prima di arrivare siamo investiti da un forte temporale e per rendere il tutto più spericolato, l’unico tergicristalli si inceppa ma si continua comunque a procedere a velocità sostenuta sorpassando in ogni punto.
Arriviamo a Semporna intorno alle 16.
Il posto che abbiamo prenotato si chiama Singamata ed è davvero particolare: almeno dal sito promette bene ma potrebbe rivelarsi anche una bettola. Siamo ansiosi di scoprirlo mentre aspettiamo il van che ci viene a prendere alla stazione per portarci al porto.
Eccolo puntuale: passando per Semporna ci rendiamo subito conto che è un villaggio davvero anonimo e senza nessuna attrattiva e per di più gira davvero gente poco raccomandabile e la maggiore attrazione è una statua di un delfino.
Siamo contenti almeno di non dormire qui.
Al porto ci imbarchiamo e dopo 10 minuti giungiamo a destinazione, dopo aver attraversato un piccolo villaggio di palafitte di bamboo in pessime condizioni ed aver temuto il peggio.
Il singamata è una struttura che sorge a 10 km dal porto di Semporna , in pieno mare e dunque raggiungibile solo con una barca.
Si tratta di palafitte di legno collegate da un pontile: sembra di essere su una nave. Al centro nello spazio che separa le camere dal il ristorante galleggiante, è stato allestito un acquario naturale all’interno del quale nuotano indisturbati diversi pesci, alcuni molto grandi.



L'acqua cristallina




L'acquario

Amache galleggianti





Singamata di notte


La camera è piccolina ma accogliente ( tra le travi del pavimento si scorge il mare sopra cui galleggiamo) i bagni in comune sono molto spartani ma ci si adatta.
Al prezzo di 60rm (12 euro in due) a notte abbiamo la camera e tutti i pasti, più acqua, biscotti, thè e banane disponibili a qualsiasi ora: il menù non è ricercato ma lo chef (che sembra un ragazzetto dedito alle rissa nelle sale giochi) è comunque bravo e con i pochi ingredienti a disposizione riesce a variare.
Ma dopo qualche sera ci viene il dubbio che il vero cuoco sia Ratatouille (il piccolo sorcio dell’omonimo film) che veniamo aggirarsi indisturbato tra i tavoli. Gli unici a scomporsi siamo noi italiani, gli altri non se ne curano proprio. Ma la domanda sorge spontanea:”come è arrivato un topo in mare aperto?”..l’unica soluzione plausibile è che si sia steccato la barca coi geko, altra presenza inspiegabile.
Siamo in una delle zone marine più famose della Malesia per quel che riguarda le immersioni: gli atolli e le isole qui intorno sono considerati tra i posti più gettonati tra i sub.
La meta più ambita è in particolare l’isola di Sipadan, parco marino soggetto a permesso di entrata: le immersioni qui sono costose e difficili da organizzare. Noi la scartiamo soprattutto perché richiede un livello di esperienza avanzato per poterla godere a pieno.
Il primo giorno utile ci dedichiamo al diving: è in programma un’ escursione a Mabul, un’ isola di spiaggia bianca distante un’ora di barca.
Siamo in dodici ad essere prenotati per l’immersione e devo dire che questo non ha reso le cose facili: nel primo spot, in prossimità di un relitto, la visibilità è scarsa e dobbiamo concentrarci a non colpirci uno con l’ altro.
Una coppia si perde dal gruppo ed è costretta a risalire in superficie immediatamente, un’altra scopre di avere l’indicatore dell’aria disponibile rotto e quindi, pur essendo di livello avanzato, devono rimanere entro i 5 metri di profondità per precauzione.
Siamo un po’ delusi.
La seconda immersione però, e soprattutto quelle successive all’ isola di Matabuan, ci faranno ricredere: nuotiamo tra barracuda e tartarughe in mezzo ai coralli, molti dei quali ancora mantegono colori vivi.




Mantabuan


31 Agosto - Merdeka, giorno dell'indipendenza malese

L'isola è ben preservata soprattutto perchè qui non ci sono resort ma solo un piccolo avamposto militae dopo che nel 2000, in queste acque, furono presi in ostaggio dei turisti per mano di un gruppo ribelle filippino; siamo al confine con le acque territoriali filippine.
Anche il reef appena intorno al Singamata offre buone possibilità di fare snorkeling e diving.
Abbiamo anche provato lo snorkeling all’ interno dell’ acquario: in realtà avrebbe un costo aggiuntivo ma tutti sembrano ignorare questo dettaglio: ale mi getta letteralmente in pasto ai pesci!
Le giornate sono passate in fretta perché c’ è una bella atmosfera: la gestione è affidata completamente a dei ragazzi filippini.
La responsabile ha 27 anni e sembra Floriana del grande fratello versione mora: però sorride sempre ed è gentilissima.
Il nostro dive master è il più soggetto di tutti: lo soprannominiamo “Gasolina” (dal video della canzone regetton “gasolina” appunto dove ci sono un branco di tamarri dominicani con catene d’oro e tutti rigorosamente in canottiera) perché è troppo coatto.

L'istruttore



Il mitico Gasolina




Durante una uscita in barca, mentre si avvicinavano nubi cariche di pioggia, strappa di mano il timone al barcaiolo e comincia a guidare da coatto appunto tra le onde:gli mancava solo Gigi d’ Alessio di sottofondo ed era un perfetto automobilista di tor bella monaca!appena finite le onde riconsegna la guida al povero barcaiolo.
Tra gli ospiti abbiamo conosciuto una coppia di italiani che ha viaggiato molto e che ci ha dato consigli sulle nostre prossime mete.
Si chiamano Gabriela e Stefano: in realtà lei è venezuelana ma ha vissuto per anni con la famiglia a Pescara ed ora si è trasferita a Roma per lavoro .. il mondo è piccolo!
Ci sono poi una coppia di francesi, padre e figlio: il ragazzo parla cinque lingue e gira per l’ Europa a 22 anni, il padre gira il mondo per lavoro ma mantiene il tipico accento dei galletti che parlano inglese.
Stanno entrambi frequentando il corso per diventare sub e il padre sembra il più entusiasta dei due.
Il più strano di tutti però è un tedesco che viaggia solo: va in giro sempre con una camicia che sembra un pigiama, strusciando le gambe senza sollevare i talloni e fissando il vuoto.
A volte parla perfino solo.
Scopriamo solo l’ ultima sera che è un professore di biologia ma non è stato facile indovinarlo visto che alla domanda sulla sua professione risponde dicendo che lavora con i cervelli per renderli più intelligenti.
E’ probabilmente un pazzo.
I più irritanti sono stati invece un gruppo di cinesi che aveva prenotato una sorta di pacchetto speciale a base di pesce e non facevano altro che spolpare aragoste e pretendevano di essere serviti come i Proci nell’ Odissea. Odiosi.
In ogni caso viaggiando si scoprono personaggi strani, stavaganti, antipatici, impossibili, assurdi, normali e questo è davvero bello. Spesso si parla delle stesse cose visto che ogni volta le facce sono nuove ma spesso si dicono cose intelligenti.
In uno dei pomeriggi di relax abbiamo assistito ad un fenomeno stranissimo: intorno al sole si è sviluppato un cerchio nero contornato da una striscia di arcobaleno.




Ale ha subito immortalato il momento mentre qualcuno propinava una spiegazione fisica basata su una visione ottica che però nessuno ha compreso.
Dopo questa parentesi subacquea l’ avventura in Malesia giunge quasi al termine.
Da Semporna cerchiamo un taxi per l’ aeroporto di Tawau, diretti di nuovo a Kuala Lumpur.
Si accosta un ragazzo che ha ancora la P sulla macchina e si offre, senza parlare una parola di inglese, di portarci per 60rm, invece dei classici 90: accettiamo.
Lui però fa diverse soste lungo il tragitto: prima si ferma a mettere benzina, poi accompagna un bambino a scuola e a pochi km dall’arrivo si ferma anche per fare pipì tra i cespugli!
Menomale che non abbiamo fretta: l’ aereo partirà solo alle 18.
Attendiamo tutto il giorno in uno degli aeroporti più squallidi mai visti.
Ora siamo per la terza volta a Kuala Lumpur, domani visitiamo Melaka o Malacca, una delle poche città con delle rimanenze storiche qui in Malesia.