giovedì 27 agosto 2009

L'UMIDISSIMO BORNEO (Alessandro)

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Riprendo da sopra..Siamo a Kuching dopo un volo iniziato tranquillamente e finito con turbolenze che ci hanno fatto saltare dal sedile. Ma qui è spesso così, le piogge sono abbondanti anche ora che non soffiano i monsoni. Devo dire che la parte peninsulare della Malesia non mi ha fatto impazzire, ma di primo impatto Kuching mi è subito piaciuta. Innanzitutto il posto in cui stiamo è davvero carino, pulito e ospitale, benché davvero semplice. Però se ci sono pulizia e cortesia il resto conta poco, serve un letto per dormire. L’alloggio si chiama Nomad Borneo B&B, nei pressi del centro e al prezzo di 80 RM (18 euro) comprende anche internet wireless e una colazione abbondante e buona fatta di pancake, toast, marmellate, succhi di frutta e tè. Ci sono anche a disposizione tanti DVD, pirata ovviamente.
Sui muri colorati ci sono diverse dediche lasciate dai viaggiatori al gestore del posto, tale Chris, che pare sia particolarmente simpatico tanto da far scrivere alle persone:”vorrei che la mia casa fosse come il Nomad” o “lo staff più incredibile mai esistito”. Ok, loro sono ospitali, simpatici (ma al tempo stesso riservati) ed educati, ma a leggere dai commenti sembra che altri avventori abbiamo avuto a che fare con un guru.
La città. E’ divisa in due dal fiume Sarawak e nella parte in cui ci troviamo noi ci sono molte strutture ricettive, tra cui il famoso Hilton che altro non è che una pattumiera di cemento che deturpa il bel paesaggio. Ma non è il solo. In verità non c’è molto da vedere, ma il risultato complessivo è più che gradevole.



Per attraversare il ponte prendiamo delle barchette di legno che fanno la spola tra le due rive. Appena si sale la barchetta ondeggia pericolosamente per poi assestarsi senza problemi. Di solito se si è in due, il barcaiolo rema altrimenti accende il motore. Notevole è il fatto che i barcaioli hanno una grazia da ballerine di danza classica nel compiere i movimenti sia della remata che dell’approccio al ponticello della sponda.

Discorso cibo. Costa poco ed è buono se parliamo di pesce e alcune cose che mangiamo anche in Italia, come i noodles o alcune zuppe. La variante è che qui usano un botto di coriandolo che può risultare fastidioso.
Dopo una notte tranquilla, la mattina comincia con i migliori auspici, ci prepariamo rapidamente e andiamo all’ufficio del turismo per chiedere se è in fiore la Rafflesia, il fiore più grande del mondo, ed eventualmente recarci nel Parco Nazionale Gudung a vederla. La sua particolarità è che ci mette 9 mesi a sbocciare e poi dura solo 6 giorni. Chiaramente era appena sfiorita. E siamo a 2, dopo la tigre, questa era la seconda cosa che desideravo vedere e l’ho persa.
Piano B. Museo dei gatti e villaggio Malay.
Mi ero dimenticato di dire che Kuching è detta la città dei gatti, perché qui sono tenuti in alta considerazione e hanno addirittura un museo tutto loro. Ale lo odia ma la convinco ad andare. Prima passiamo per il villaggio Malay con tutte le casette tipiche che però hanno la parabole (ne ho parlato ormai decine di volte dell’incredibile e nocivo salto tecnologico nel terzo mondo).

Il loro costo si aggira sugli 80000 Rm, 16000 euro, lo stesso prezzo di una Ducati qui in Malesia.
Il museo dei gatti invece è piuttosto noioso e pieno di foto di gatti e aneddoti su di loro.

Almeno è gratuito ma in salita. Il ritorno vogliamo farlo con l’autobus ma dopo aver aspettato 30 minuti si avvicina un mini van con altre persone a bordo, diretti in città, e per 2 Rm portano anche noi. Preso.
Veniamo lasciati nei pressi del mercato pieno di bancarelle che vendono pesce in piatti lasciati sul marciapiede in preda alle mosche o su banchetti esposti comunque a qualsiasi tipo di insetto.

La puzza forte è data dalle alicette essiccate che vendono in gran quantità. Cerchiamo, il Durian, frutto tipico del Borneo (anche buono) che però incredibilmente non c’è. L’umidità e il caldo sono insopportabili e dopo un paio di spiedini di pesce torniamo in camera e ci addormentiamo fino alle 5, giusto in tempo per riuscire a cena. Vittima prediletta è il Top Food Court, un mercato del pesce affollatissimo. Qui viene esposto tantissimo pesce da scegliere e farsi cucinare.


Abbiamo compiuto il grave errore di scegliere che tipo di pesce farci cucinare ma non il pesce in particolare; così, lasciando fare a loro, le porzioni sono risultate per 4/5 persone e il prezzo anche. Alla fine, per uno snapper da un Kg e mezzo, una mega frittura di calamari e due gamberoni giganti, abbiamo pagato 20 euro. Tempestiva come non mai la pioggia ci becca proprio all’uscita ma abbiamo l’ombrello, mica siamo scemi!
Giorno 2, visita a quello che è considerato uno dei più bei parchi nazionali del Borneo, il Bako. Volevamo anche restarci una notte ma non c’erano posti. Scartiamo il tour e ci organizziamo da soli, prendiamo l’autobus per due soli Rm e dopo 40minuti di in cui sembrava di avere un elettrostimolatore addosso per le vibrazioni incessanti del mezzo, arriviamo al parco, o quasi. Manca ancora la traversata le fiume. Il viaggio in barca dura 20 piacevoli minuti, il paesaggio è come al solito caratterizzato dalla foschia provocata dall’umidità. Arriviamo al parco nel punto in cui il fiume sfocia nel mare e infatti l’acqua è melmosa. Concordiamo con il barcaiolo l’orario di ritorno e ci avviamo alla scoperta di questo paradiso faunistico, dicono. Noi abbiamo camminato per oltre 7 Km nella stramaledetta giungla straumida per vedere un maiale con la barba (fa senso) e delle scimmiette rompicoglioni che ti fregano il cibo dal piatto con una velocità incredibile. Chiaramente anche qui non abbiamo visto la famosa scimmia con il naso a proboscide che doveva essere easily spotted (facilmente avvistabile) come dicono tutte le guide e in più le piante carnivore (Ale è fissata dala prima volta che ha visto Alice nel Pases Delle Meraviglie) erano secche perché sulla costa non piove da molto.



Ora io non voglio dire sempre le stesse cose ed essere noioso, ma in Australia li animali li vedi davvero, qui devi addentrarti nella giungla e restarci anche alcuni giorni. E poi, sempre per essere ripetitivo, gli stessi paesaggi li vedi anche li, ma più belli. Basta ho finito. Questa mia considerazione sembra sminuire il posto, ma in realtà è davvero molto bello, particolare.




















La lunga camminata, anche senza avvistamento di animali, è stata premiata dall’arrivo nella bella baia di Kecil, una delle tante spiagge del parco. Il suo fiore all’occhiello dovrebbe essere il Sea Stack, un formazione rocciosa che affiora dall’acqua, notevole si, ma se hai visto i 12 apostoli ti viene da ridere.




Lo sapevo, non mi sono trattenuto ancora, ma che ci posso fare.
Al ritorno la marea si è abbassata vistosamente lasciando un tappeto melmoso da attraversare per raggiungere la barca. Lo affrontiamo con le scarpe e le riduciamo ad un poltiglia fangosa e mentre cerco di pulirle, nell’acqua fangosa di mare, che roba, mi accorgo che sono scollate, da buttare praticamente. Me le rimetto bagnate (ma non importa, con l’umidità che c’è non sento la differenza) e non ci penso più. Dopo la traversata di ritorno, in attesa dell’autobus, compriamo degli spiedini (all’apparenza uguali agli arrosticini) che Ale al primo morso dichiara al sapore di salsiccia. Il secondo, più veritiero ha svelato la vera composizione dell’ammasso carnoso: fegato. Lei lo odia, io no, così li mangio tutti io. Costavano 10c l’uno, quello valevano. La cena vera e propria è stata ancora a base di pesce ma molto più contenuta rispetto alla sera prima. Rincasiamo quando vediamo i nuvoloni in arrivo. Mica siamo scemi!
Tra l’altro il tipo del B&B, uno del posto, alla mia affermazione “credo che venga a piovere” risponde:”Non credo”. Tempo un minuto, non si poteva parlare per il rumore che faceva la pioggia.
Quella di oggi è stata una giornata tranquilla. Abbiamo fatto la biancheria, siamo andati al mercato e abbiamo fatto shopping, praticamente comprato le scarpe. Scartato il centro commerciale, la scelta ricade sui negozietti che vendono di tutto, dal tarocco all’originale che forse è tarocco. Il simbolo dell’Adidas con 4 punte è sicuramente tarocco ma ci sono alcune scarpe apparentemente con il pedigree. Il prezzo è davvero basso, siamo sui 15 euro, unico inconveniente sono troppo piccole per me, il numero più grande è il 43, nanetti..continuando a camminare incrociamo il negozio di Bata, bah!entriamo e qui hanno il 44, un po’ preciso ma dovrebbe cedere, delle celebri, nuove arrivate Power!sono belle davvero, tanto che me ne compro un paio in più da riportarmi in Italia e così anche Ale. 3 paia di scarpe 30 euro. E poi sono le Power!Le nostre le abbandoniamo nel B&B visto che cosi credo facciano molti. Infatti in tutti i posti per entrare ci si toglie le scarpe e le si lasciano all’entrata, solo che qui sono davvero troppe per il numero di ospiti. Stasera la cena è stata più spartana, MCDonald preferito al pesce (ci stava stomacando). Sarà strano ma il Mac è la cosa che digerisco meglio e poi ogni tanto è sempre un piacere mangiarlo!
Appena finiamo di mangiare succede una cosa finora mai vista. Un accenno di rissa. C’era un gruppetto di 7 o 8 ragazzini che sghignazzavano quando uno di fronte a loro, con un amico moglie e figlioletta, dal’aspetto tranquillo, gli grida qualcosa, chissà cosa. Loro continuano a ridere e lui si alza e tira ad uno di loro in faccia il bicchiere di carta (col ghiaccio e la coca dentro). A noi arrivano anche degli schizzi e decidiamo di andarcene subito perché ovviamente siamo esattamente nel mezzo. Ci apprestiamo a vedere sedie volare ed una decina di Bruce Lee da oratorio gridare e darsele di santa ragione, ma non succede nulla!alcuna cosa!i ragazzetti non reagiscono, nessuno si scompone, l’”aggressore”torna a mangiare. Tutto calmissimo. Ce ne andiamo lo stesso, tanto sappiamo che la pioggia battente non cesserà a breve. Ma noi abbiamo gli impermeabili. Mica siamo scemi!Io forse si, visto che mentre cammino sotto il diluvio con passo sicuro e fiducioso, mi accorgo che sono fradicio, l’acqua passa l’impermeabile come fosse cartone. Eppure l’avevo preso da mio padre che di solito è super attrezzato. Si capisce che sono tornato in camera inzuppato e incazzato, Ale asciutta.
Domani abbiamo l’aereo per Kota Kinabalu, nel Sabah, altra regione del Borneo, carico le foto e vado a letto. Mi dispiace lasciare questo posto, come hanno scritto in molti, ti senti a casa.
Ciao a tutti!

DALLA PENISOLA AL BORNEO MALESE (Alessandra)

Come ha già accennato Ale nel precedente post abbiamo trascorso il mio compleanno a Kuala Lumpur e ci siamo concessi qualche sfizio.
Abbiamo alloggiato in un hotel del centro: una nuova costruzione che in realtà esternamente è il tipico casermone di cemento che a noi non piace ma devo dire che l’interno era molto curato.
Abbiamo preso una camera deluxe all’ ultimo piano (il tredicesimo) e ci siamo goduti una bella vista sulla città.
A pranzo, data la pioggia battente, ci siamo rifugiati nel più noto centro commerciale della capitale: il Pavillion.
7 piani in cui le donne possono strabuzzare gli occhi tra negozi di ogni firma ( ma devo dire che i prezzi non sono poi così convenienti: nulla a che vedere insomma con Bali o la Thailandia).
Vi è un piano intero dedicato a caffè e ristoranti e noi ci siamo fermati da Tony’s Roma: un ristorante italiano un po’ caro ma dal servizio impeccabile e dalle porzioni abbondantissime .. entrambi abbiamo lasciato praticamente metà piatto di pasta col pesce ( SO CHE IN VIAGGIO LA RIMPIANGEREMO Più DI UNA VOLTA MENTRE MANGEREMO FAGIOLI CON TONNO E NOODLES LIOFILIZZATI)
Mentre passeggiamo per i negozi mi sorge un dubbio: da quando abbiamo fatto diving mi sento l’ orecchio destro tappato ( forse sono risalita in superficie troppo velocemente). Finora non me ne ero troppo preoccupata ma il giorno dopo avevamo il volo per Kuching (Sarawak) quindi abbiamo cercato un medico o una farmacia nell’ edificio (anche perché essendo sabato pomeriggio non credo ci fossero molti dottori aperti).
Vediamo che all’ ultimo piano dello stabile c’è una clinica: sembra quella di Vanilla Sky. In realtà è più una clinica di bellezza specializzata in chirurgia plastica ( nel concreto botox) ma ci sarà pur sempre un dottore spero!
Ed eccolo “il dottore”..più che un medico sembra Micheal Jackson.Io gli spiego il problema e lui cerca di vendermi un intervento per le rughe .. ma vaff!!
La sera andiamo a scattare qualche foto alle Petronas Tower, simbolo della città.
Sono edifici di 88 piani .. da sotto fa un certo effetto.
Facciamo una visita al mercato di Chinatown e ci soffermiamo nell’acquisto di alcuni DVD in un negozio regolare. Hanno tutto, anche se le copie sembrano, e forse sono, tarocche, ma vengono venute come in un normale esercizio commerciale. Il primo acquisto è il cofanetto della 5 serie di Lost, poi altri film. Il tipo però è talmente pressante e non si azzittisce un attimo che siamo costretti ad uscire prima di prenderlo a pugni per una crisi nervosa. Segue un giretto tra le varie bancarelle poi a nanna perché la mattina dopo si parte per il Sarawak.
Qui passeremo 4 notti: il racconto al prossimo post








domenica 23 agosto 2009

DAL FIUME MARRONE AL MARE AZZURRO

Il martedì comincia con una giornata umida a calda (condizioni adatte al viaggio) la cui prospettiva è passarla interamente in viaggio, tra un pullman e l’altro per raggiungere le blasonate Perhentian Islands, due isole al largo della costa nord orientale della Malesia peninsulare. Il pullman parte con buone intenzioni da Taman Negara alle 8, puntuale, per poi lasciare il posto, alla stazione di cambio di Jerantut, ad un van in cui veniamo compressi con altre cinque persone più bagagli e autista. Solo dopo 3 ore di sauna giungiamo a kuala Besut, porto d’imbarco per le isole da sogno. Molti prendono subito il traghetto, noi decidiamo di fare con calma e prenotare una camera nell’Hotel sul molo e partire con calma il mattino successivo.
Prendiamo una camera al Samudera Hotel al modico prezzo di 80 RM, 16 euro. Il posto viene definito come l’unico decente di Kuala Besut, che poi ne conta solo altri due..ma a parte la camera superficialmente pulita, le scale erano sporche e macchiate e il corridoio era decorato con un tappeto rosso repellente. Ma, the best is yet to come..la mattina, alle prime luci dell’alba, ci svegliamo grazie alla luce che entra dai finestroni e lo spettacolo sul mare e è suggestivo. La mia decisione di scattare una foto è seguita dalla logica azione di aprire la finestra. Neanche che il tempo di girarmi che un rettangolone di vetro circondato da ferro grezzo si appoggia sulla mia schiena e finisce sulla gamba di Ale. Tanto spavento ma solo un piccolo livido per lei..cioè si è staccata una finestra. Facciamo rapidamente armi e bagagli e scappiamo subito al jetty per prendere la nave.
Piccola parentesi, Kuala Besut non è male come cittadina, anzi non è squallida come Jerantut e ha un lungomare curato e tranquillo che offre bei tramonti.


Sbrighiamo le formalità con l’agenzia che si occupa della vendita di biglietti e veniamo congedati con una frase che qui è ormai ricorrente:”you wait”. E così, partenza prevista per le 9 slitta alle 11. Una cosa che proprio non sopporto di quello che succede qui è che ci sono sempre ritardi ( e va bene anche da noi) ma gli addetti ai lavori fanno un gran confusione, parlano solo in malese e non danno la benché minima informazione di ciò che sta succedendo. In fondo, YOU WAIT. Fatto sta che si parte, ma non finisce qui. La barca può portare al max 10 persone e noi siamo 14 e stranamente all’uscita dal molo c’è la guarda costiera che ferma il “capitano”e lo minaccia di tornare a svuotare un po’ la barca. Lui non sapendo una parola di inglese fa spostare su un’altra barchetta dei malesiani, nonostante fossero saliti per primi. Dopo 35 minuti siamo sull’isola di Besar, la più grande delle Perhentian. L’altra, Kesil, è visitabile con 10 minuti di water taxi che operano di continuo sia tra le due isole che tra spiagge lontane della stessa. Approdiamo per primi ai nostri chalettini in legno in riva al mare, molto spartani (soprattutto il bagno, che novità), ma suggestivi. In camera non ci sono animali, buon segno, ma la polvere non manca. Niente aria condizionata, ma un ventilatore. Ma chissenefrega, a due metri c’è sabbia bianchissima e mare turchese, tutto a nemmeno 12 euro al giorno in due. Non mi aspettavo quest’isola cosi bella e subito fremo dalla voglia di immergermi. L’acqua è calda come l’aria, i colori sono strepitosi. Si passa da varie tonalità di azzurro e verde del mare, che sfumano sul bianco della sabbia per poi rinvigorirsi con il verde accesso delle palme e dei pini che crescono nei pressi della riva.













Il nostro alloggio si chiama Samudra Chalet, gestito da una famiglia di locali che per 60 Rm al giorno permettono alle persone di godere della bellezza dell’isola. C’è solo un neo, loro non aprono quasi mai nonostante siano sempre li; su un cartello di legno, scritto con la pennarello, c’è il messaggio di chiusura che però, sotto, assicura una riapertura alle 6 30 a.m. Niente di più falso. In 4 giorni apriranno il ristornate (tra l’altro davvero carino, supereconomico e buono)solo una volta a colazione e due a pranzo, mai a cena.
Nell’ispezione l’isola si fa sempre più concreta l’idea che siano quasi tutti turisti italiani, assurdo, sembra di essere in un villaggio vacanze a Jesolo. Sono tutti, o quasi, del nord Italia, ma sono davvero tanti!
Quindi abbiamo detto isola stupenda, caldo, palme da cocco, acqua da sogno, ma…come già successo per Tonga e Bali, bello fuori, sporco dentro. A parte che il tratto di spiaggia libera è pieno di bottiglie di plastica lasciate dal mare con il ritiro della marea, l’interno è una discarica a cielo aperto. Senza differenziare i vari scarti, vengono raccolti in un punto e bruciati. In compenso in quella pattumiera si aggirano tanti animali quanti in uno zoo. Scimmie, iguana, varani di due metri, e diversi uccelli.




Scatto alcune foto e vado via, non mi va di “gustarmi”quello scempio. Fatti pochi metri il paradiso di nuovo, che cosa incredibile, ma purtroppo un tratto distintivo di queste realtà. Oltre ciò non è accaduto (e non poteva essere altrimenti su una striscia di sabbia) niente. Abbiamo passato le giornate facendo snorkeling, passeggiate, siesta all’ombra sula spiaggia. Ci voleva proprio. Abbiamo anche ripreso con le immersioni e si vedeva che era tempo che non lo facevamo. Ale poi ha fatto il suo solito show, dimenticandosi di girare il respiratore verso il basso una volta in acqua, con la conseguente fuoriuscita di ossigeno che ha provocato una formazione di bolle rumorose degne di una vasca idromassaggio all’Acqua Fun di Riccione.
Altre attività degne di nota sono state: l’incontro ravvicinato con gli innocui squali di barriera (lo aspettavo da una vita) e una gita in canoa per fotografare la bellezza del paesaggio costiero di quest’isola. Le immagini sono sempre meglio delle parole.





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La parte più interessante viene ora. Il momento della partenza. Quella dall’isola è filata liscia come l’olio, meno quella da Kuala Besut. Di solito si usa prendere un taxi fino a Kota Barhu, centro grande nei paraggi, e da li l’aereo per altre destinazioni. Il prezzo non è eccessivo ma questo lo fa chi viene in vacanza un paio di settimane e rientra comunque nel budget. Chi come noi deve stare in giro più a lungo risparmia quando può. Prendendo infatti il pullman alle 20 30, non solo si paga di meno il viaggio ma è “compresa”una notte e non c’è da pagare taxi per ben due volte per andare e tornare dall’aeroporto. I pullman sono molto comodi, con spazi davvero ampi, sedili reclinabili e in più stai sicuro che non ci sono animali!
Dopo tre ore di attesa passate ad osservare una capretta che si aggirava per i tavoli di un caffè in circa di cibo, ci siamo trascinati verso la stazione ed abbiamo scoperto di essere in compagnia di tanti altri ragazzi..





L’autobus è in ritardo, ci sono due corse, la nostra è la seconda e ovviamente non arriva perché si è rotto un finestrino. Allora la prima corsa torna indietro per riprenderci e lasciarci presso un altro centro nei paraggi, Jeteh, dove però dovremmo scendere per fare salire altri passeggeri con biglietto legittimo e aspettare il bus sostitutivo del nostro. A Jete si crea il panico. Cominciano a salire persone ma nessuno scende perché di colpo nessuno parla più inglese e gli autisti parlano con quelli del posto che fanno sotto e sopra dall’autobus e non se ne capisce il perché. Di fianco a me è seduto un ragazzo malesiano che si rivolge a me con un ottimo accento inglese:”hai la corsa D13?””si”. “ok, allora dobbiamo scendere, devono salire queste altre persone”. Mi affretto a gridarlo in inglese agli altri avventori risparmiatori ma tutti fanno orecchie da mercante restano su. Noi scendiamo insieme ad altre 7/8 persone e gli altri restano su. Gesto piuttosto maleducato e scorretto e privo di solidarietà visto che se fossimo rimasti anche noi sopra non ci sarebbe stato posto per tutti e di conseguenza i furbetti con il biglietto dell’altra corsa sarebbero stati costretti a scendere. Hanno approfittato della nostra correttezza e se la sono cavata. Restiamo quindi io e Ale unici stranieri fortunatamente con questo ragazzo malesiano del Borneo che parla perfettamente inglese e traduce per noi quello che accade. L’autobus dovrebbe arrivare a momenti ma farà 4 ore di ritardo, che alla fine non sono pesate, tra una chiacchiera e l’altra. Spendo due parole su questo ragazzo. Ha 19 anni e viene dal Borneo, credo da famiglia ricca perché ha frequentato le superiori in lingua inglese e durante le estati ha viaggiato da solo in diversi Paesi d’Europa e del Medio Oriente. Ora si trasferirà in Germania per studiare Ingegneria Meccanica. Ha come idolo Valentino Rossi e vuole comprarsi una Ducati. Io, che ora vengo considerato un viaggiatore incallito, a 19 anni avevo visto solo Malta, Dublino e alcune città della Spagna..
Chiacchierando con lui apprendo che le autostrade sono meno pratiche delle strade secondarie e scopro che il calcio va tantissimo in Malesia anche se si riconoscono loro stessi come schiappe, ma in compenso sono forti in badminton, quella specie di volano, quello insomma che giocavano Marian e Lady Cocca i Robin Hood della Disney..
Arriva l’autobus, ci sistemiamo e tra frenate senza senso, curve con pericolo ribaltamento del veicolo, che mi buttano addosso la tendina viscida di cui provo con insuccesso a sbarazzarmi, arriviamo a Kuala Lumpur con un’ora di ritardo, benché ne siamo partiti con 4...
Ora siamo a Kuala Lumpur in un Hotel in centro al 14esimo piano con vista sulle torri e tutti i comfort. E’ il compleanno di Ale e l’ho portata in un posto con bagno europeo e letto comodo. Giornata speciale merita un trattamento speciale.