giovedì 15 ottobre 2009

OUTBACK – VERA AUSTRALIA

Il post sarà lungo ma interessante, soprattutto perché si parla di una parte di Australia molto meno considerata rispetto alle coste ma di impatto emotivo di sicuro maggiore, il deserto.

Eravamo rimasti ad Alice Springs, cittadina turistica che si rassomiglia a tutte le altre città turistiche dell’Australia e in cui, se venite portati ad occhi chiusi e vi dicono che alla fine della via principale c’è il mare, ci credereste, non sembra proprio di stare in mezzo al nulla. In realtà Alice sarebbe un punto cruciale per approfondire la conoscenza della cultura aborigena ma bisognerebbe avere degli agganci e sapere come muoversi. Qui abbiamo comprato un dipinto aborigeno acquistato direttamente, e in maniera rocambolesca, come stessimo comprando droga, da un’artista del posto che vendeva le proprie opere per strada. Si tratta del sogno di un lago salato dopo le piogge. Detto così magari non dice molto, ma il valore simbolico di fondo è in realtà grande e per spiegarlo qui non basterebbe un solo post.
Esaurito quindi il nostro tempo ad Alice, non prima di essere stati vittime, nella cucina del campeggio, di un assalto da parte di un esercito di farfalle notturne, siamo partiti alla volta del sud.




Nella discesa erano previste due soste presso il Trephina Gorge National Park e la Rainbow Valley. Il primo è, a nostro avviso, un parco senza pretese; carino, caratterizzato dal bell’accostamento cromatico del bianco letto sabbioso del fiume, del verde degli eucalipti e del rosso delle pareti della gola.




Il caldo però asfissiante non ha reso troppo piacevole la deviazione. Discorso diverso per la rainbow Valley, una singolare formazione rocciosa che si innalza sui claypans (terreni di notevole importanza per l’ecosistema)e che al tramonto si colora di un rosso acceso. E’ il primo assaggio di deserto, con le sue dune di sabbia rossa. Sia l’alba che il tramonto sono spettacolari.





Il terreno troppo duro ci costringe a dormire in macchina, piantare la tenda equivarrebbe a dormire come dei fachiri, troppi sassi. La notte è anche fredda e le luci dell’alba sono un sollievo, si può ripartire non prima di una doccia volante grazie alle utilissima doccia solare da campeggio!



Anche la strada che si percorre per raggiungere questa deviazione è davvero suggestiva al mattino presto.



Siamo di nuovo sul’Highway, a 1550 KM da Adelaide. Ad un tratto, il cielo comincia a coprirsi e nuvoloni viola scuro cominciano ad avvicinarsi.



Prevediamo un temporale ma in realtà veniamo coperti solo da alcuni piccoli scrosci di pioggia, segno che comunque la stagione delle piogge è alle porte. Tutto questo però conferisce al paesaggio una particolare colorazione.
Quando i Km da Adelaide diventano 1300, si varca il confine del Northern Territory e si entra in South Australia, si spostano le lancette dell’orologio un’ora in avanti (non tutti gli stati adottano l’ora legale) e ci prepara all’attraversamento dell’Oodnadatta Track, il tracciato sterrato di 616km che corre parallelo per gran parte alla vecchia linea ferroviaria del Ghan, utilizzata per il trasporto di bestiame e soprattutto di cammelli da parte dei cammellieri afghani. Rappresenta una buona scorciatoia per raggiungere i Flinders Ranges ed è molto più vario rispetto alla monotona e diritta Highway.
Lungo il tracciato si costeggia il Simpson Desert, uno dei più temibili deserti, i cellulari non prendono e ci solo alcune stazioni per i rifornimenti ogni 200KM circa. Inoltre le forature sono molto probabili in quanto il terreno è sconnesso e roccioso. In realtà la pista è percorsa si da un numero ridotto di persone ma non si è mai soli e se si eseguono alcuni accorgimenti pratici (sgonfiare le gomme) e di buonsenso (andare piano), si arriva alla fine tutti interi. La parte iniziale va da Marla ad Oodnadatta, da cui comincia il tracciato vero e proprio . E si vede: tutto un susseguirsi di dune, pianure che si perdono alla vista e mucche che vagano libere. La sensazione di libertà provata in quei momenti è irripetibile nel mondo civilizzato, qui sei a tu per tu con la natura, con le tue origini. L’uomo è nato nel deserto e devo dire che trovarcisi è come tornare alle origini appunto, è una forte attrazione.











La prima stazione è Oodnadatta, con la sua pittoresca e accogliente Pink Roadhouse, i cui proprietari si sono dati un gran da fare per portare qui i turisti dando molti consigli pratici e disseminando lungo il percorso i cartelli indicanti le varie attrazioni.





La giornata è nel suo momento migliore, il tramonto.



Dopo essercelo goduto raggiungiamo un buon punto per campeggiare, sotto il vecchio ponte della ferrovia del Ghan, ancora in macchina, sempre perché il terreno è super roccioso!anche cucinare è stata un’avventura!ma la mitica macaroni&cheese non ha tradito!!
Il bagno ovviamente è libero nei cespugli..



Andiamo a letto soddisfatti e ansiosi di vedere un paio di attrazioni il giorno successivo. Si comincia subito con le rovine di alcune stazioni del treno.



E’ incredibile pensare che qui un tempo c’era una certa attività umana, ci passava il treno e soprattutto c’è acqua..si e pure tanta, ma sotto terra. In breve funziona così. Il bacino artesiano che si trova sotto la crosta dell’Australia centro-orientale è il più grande al mondo e parte dai Great Diving Ranges (catena montuosa della costa orientale)e scava il terreno per riaffiorare in alcuni punti in superficie (in questa zona ben 150 volte circa). I primi esploratori erano convinti della presenza di un mare interno all’Australia e lo cercarono invano senza trovarlo, semplicemente perché ci stavano camminando sopra!Qui il paesaggio cambia in continuazione passando da estese pianure sabbiose o rocciose a dune rosse. Le nuvole poi sembrano disegnate.
Dopo una breve sosta a Willie Creek, città meno popolata del mondo con 8 abitanti (alcuni dicono 12) ci fermiamo presso Coward Spings, una stazione che offre campeggio e tour nel deserto con i cammelli, oltre che una piscina naturale termale calda, formatasi appunto per l’affioramento in superficie del corso d’acqua sotterraneo.






Il bagno e piacevole e rilassante ma subito dopo il vento aumenta di intensità.
Questo non ci impedisce di andare avanti per scoprire l’incredibile Blanche Cup, una affioramento, roccioso questa volta, che contiene al suo interno acqua ed è circondato da erba verde, mentre il paesaggio intorno è lunare: stupefacenti sia l’effetto visivo, sia il lavoro della natura. Bagnetto vietato qui!




Il vento ora è davvero forte, ci avviciniamo verso il Lake Eyre, bellissimo, ma si vedo poco o niente, stiamo per essere investiti da una tempesta di sabbia. Il paesaggio cambia ancora, ora il cielo non si vede più e tutto assume un colore innaturale, folate di vento portano strisce di sabbia a spasso per il deserto.






Ma è sempre affascinante e infatti senza quasi accorgercene arriviamo a Maree, capolinea (o partenza, a seconda del senso di marcia)del tracciato, fine di un percorso unico, spettacolare ed emotivamente molto intenso. Appena la strada sterrata viene sostituita dall’asfalto capiamo di essere tornati nel mondo reale e, nonostante il paesaggio non sia ancora cambiato, la nostalgia si sente subito. Fortunatamente siamo distratti da un ultimo spettacolo: le polveri alzate dal vento al tramonto creano stupendi effetti colorati all’orizzonte, mentre dall’altre parte, le pareti dei Flinders Ranges si colorano di viola, come il cielo che li sovrasta.



Percorrere questi tracciati e sentire la forte attrazione che ci lega al deserto è un’esperienza unica, tanto che gli aborigeni ci avevano vissuto per oltre 10000 anni.
Siamo arrivati nella squallida Port Augusta per un panino dell'Hungey Jack appena in tempo prima di svenire dalla fame visto che col vento che tirava non era possibile usare il fornelletto..Siamo stati subito ringlobati..
Ora siamo ad Adelaide, bella città, anche se pure questa fatta con lo stampino, ed è tutto diverso, caotico, nonostante purtroppo basteranno solo pochi giorni per riabituarsi..

VIDEO

AQUILA