sabato 12 febbraio 2011

Dall'Argentina alla Bolivia sani e salvi!

E’ arrivato il fatidico e ormai temutissimo momento del passaggio della frontiera: da Humahuaca prendiamo un pullman per La Quiaca evitando sapientemente la compagnia Panamericano che in questi giorni abbiamo visto sfrecciare senza ritegno sui tornanti e che peraltro abbiamo saputo vende anche posti in piedi. La Quiaca è la città di confine, siamo ancora in Argentina ma a pochissimi km dalla Bolivia: ho letto in molti forum che quando da qui si entra a Villazon ci si accorge di aver fatto un salto non solo dal punto di vista geografico ma anche temporale. La cosa mi scoraggia un po’ visto che La Quiaca è tutto tranne che invitante e le facce degli abitanti non sembrano molto rassicuranti. In giro non c’è quasi un’anima e i negozi sono chiusi: insomma una desolazione! Camminando alla ricerca di un bancomat scorgiamo un ostello carino su un paseo centrale: decidiamo di prenotare la notte per essere il più vicino possibile alla frontiera e scappiamo verso Yavi, un piccolo paese a circa 15 km molto caratteristico famoso soprattutto per la possibilità di vedere le stelle data la quasi mancanza di luce. Le case sono in barro e tutto sembra essersi fermato nel tempo. Ceniamo in un ristorante dove assaggiamo lo stufato di lama e poi cerchiamo un passaggio in un van collettivo: qui praticamente è la gente del posto che deve scendere in città che divide il percorso con altri passeggeri per 6 pesos (poco più di un euro a persona). Quando torniamo troviamo una città diversa: tutti i negozi sono aperti, i bambini giocano nei parchi e nel nostro paseo è stata allestita una mostra fotografica. Una città che di sera cambia aspetto. Rientrati in ostello troviamo però un’altra sorpresa: la porta non si apre. Il tipo della reception ci dice che ha ceduto la serratura e dopo qualche tentativo svogliato chiama il fabbro. Dobbiamo aspettare mezz’ora ma lui non si scompone e si rimette a vedere il Super Clasico in tv. Riusciamo nel paseo e torniamo dopo mezz’ora: alla reception c’è il manager notturno che ci comunica che il fabbro arriverà tra mezz’ora: Elena giustamente gli fa notare che doveva essere mezz’ora già mezz’ora fa e allora lui prova a sistemare la porta da solo. Dopo qualche minuto ci dice che la porta si apre.. ma non si chiude! Noi chiediamo di poter cambiare camera ma pare che la tripla disponibile abbia il bagno privato e quindi dovremmo pagare un sovraprezzo: come se fosse stata colpa nostra! Alla faccia del customer service! Nel frattempo arriva il fabbro: un tipo strano con pochi denti e tanti capelli. Sistema la porta dicendo che il padrone dell’hotel sta spendendo più soldi per pagare lui di quanto avrebbe speso per cambiare le porte. Stanchi ci mettiamo a dormire: mi accorgo peraltro di aver perso misteriosamente 100 pesos: sono l’unica che riesce a farsi derubare prima di passare il confine? La notte diluvia e temiamo di dover restare in fila per ore sotto la pioggia la mattina seguente. Abbiamo letto storie di gente ferma in fila alla frontiera per 4 ore quindi la mattina mettiamo la sveglia alle sei e ci prepariamo alla mission impossibile. Tutto in realtà fila liscio come l’olio: con le foglie di coca in bocca per sopportare freddo e fatica arriviamo alla dogana alle sette e in meno di un’ora passiamo controllo argentino e boliviano. Siamo in Bolivia! Villazon è effettivamente squallida (ma meno di quanto pensassi dai racconti degli altri considerando che è una zona di passaggio e una cittadina di frontiera): bene direi considerando che dobbiamo passarci tutta la mattinata in attesa del treno alle 15. Entriamo in un ristorante per colazione: il latte fa schifo e le condizioni igieniche ci lasciano perplessi. Giriamo e rigiriamo le quattro polverose strade di Villazon per cercare un posto migliore per pranzo ma alla fine finiamo nello stesso ristorante e capiamo che in fondo era il meno peggio. Alle 15 parte il treno: ne usciamo indenni. Peraltro ci servono spuntino e ci fanno vedere Incepction e alcuni video trash anni 80 tra cui Albano e Romina che cantano in spagnolo: tre ore di viaggio passano in fretta. Destinazione Tupiza: qui ci aspetta qualche notte nell’unico hotel (apparentemente a 4 stelle) della cittadina e poi il tour di 4 giorni per il Salar de Uyuni. L’arrivo in città sembra dei migliori: la camera è degna di un nostro decente 3 stelle con shampoo nella doccia e piumoni nuovi, tutto l’arredamento è fatto di legno di cactus ed è originale e nuovo e internet funziona alla grande. Non facciamo che dirci quanto siamo stati fortunati ad avere tutto questo per 8 euro a persona a notte ma mai parlare troppo in fretta: il receptionist ambiguo (donna, uomo o gay?) ci ha assegnato la camera sbagliata, una specie di suite che costa 11 a persona. Ce lo comunica quando io e Ale ci siamo già fatti la doccia e mentre Elena si sta lavando i capelli. In Italia ci avrebbe lasciato la suite al prezzo pagato ma qui l’upgrade è un concetto sconosciuto e poi sono stanca quindi dico senza problemi che teniamo la camera… Ma indovina indovina? E’ riservata! I tizi che dovranno occuparla stanno arrivando quindi dobbiamo trasferirci nella nostra camera: quando gli faccio notare che abbiamo usato la doccia il tipo mi guarda speranzoso e mi fa ‘va bene ma non sarà poi tanto sporco il bagno!’. La nostra camera è molto più vecchia ma comunque decente solo che ci accorgiamo durante la permanenza che la doccia perde e che entra acqua dalle finestre. Già perché la sera scoppia un diluvio e peraltro salta pure internet (e da allora la connessione non si riprenderà più e sarà perennemente lentissima). L’hotel ha la piscina ma il tempo non ci aiuta e inoltre non si vede neppure il fondo (e considerate che l’altezza è tipo un metro e mezzo non dico altro). L’hotel Mitru è un posto strano anche per altre cose: la famiglia che lo gestisce pensa un po’ di stare a casa sua e sembra quasi che gli ospiti paganti siano di intralcio. Si fanno servire colazione, pranzo, merenda e cena nella sala lounge comune e se il personale sta preparando per loro la cucina non si può usare. Noi comunque mangeremo tutti i giorni nei ristornati dei dintorni: a Tupiza ce ne sono tre, tutti e tre italiani e tutti arredati in stile messicano e con la stessa scelta del menù. Ma la cosa più grande manifestazione di ignoranza l’ho vista da un altro tipo del personale: visto che l’hotel metteva a disposizione il book Exchange decidiamo di lasciare la nostra guida della Bolivia e Argentina insieme, che finora abbiamo usato poco, e di prenderne in cambio una dell’Argentina (visto che la nostra è probabilmente in vendita su Mercado Libre). Ma il tipo non era molto convinto: misurava i libri per essere certo che fossero esattamente uguali. Cioè: misurare un libro dalle pagine è proprio un oltraggio alla cultura. Secondo questo parametro Tre metri sopra il cielo varrebbe più dell’Alchimista. Comunque.. i giorni passano e non in maniera così terribile: scopriamo mercatini artigianali tipici, chioschi che vendono la versione boliviana dei supplì e delle crocchette a 25 centesimi di euro e ale riesce perfino a collegarsi per fare l’asta del Fantacalcio (fallimentare). E’ ora di partire per il tour del Salar de Uyuni, il deserto di sale più grande del mondo. Le recensioni su internet di agenzie che offrono questo servizio non sono incoraggianti: si parla di autisti ubriachi, di scarsa igiene e di cibo scandente e insufficiente. Noi ci siamo affidati a Tupiza Tour che forse costa leggermente di più ma non ce ne pentiremo: il nostro autista, Carlitos, è prudente e al massimo il suo unico difetto è che ci ammorba per 4 giorni con musica spagnola strappalacrime e la cuoca Nildite ci fa mangiare continuamente e peraltro cucina bene (ha perfino azzardato una pasta un giorno). Il primo giorno è più che altro di spostamento: percorriamo percorsi sterrati bellissimi e vediamo panorami e formazioni rocciose molto suggestivi anche se sono niente in confronto a quello che vedremo i giorni successivi. La cosa a cui bisogna adattarsi di più sono le accomodation: i bagni sono condivisi, esterni e non hanno doccia. Le camere però sono decenti: letti comodi e puliti.. peccato che la prima notte a me e Ale ci ha piovuto in testa! Il secondo giorno è il più intenso del tour: visitiamo un paesino fantasma abbandonato su cui si sono formate leggende e superstizioni (la visita la mattina all’alba con i resti avvolti dalla nebbia è molto suggestiva), delle lagune e la zona dei gayser. Dovevamo vedere anche le famose lagune colorate ma durante la giornata abbiamo perso più di un’ora a recuperare il nostro 4x4 e il fuoristrada del gruppo di francesi partito insieme a noi rimasti impantanati. E’ stata un’esperienza divertente: soprattutto per me ed Elena che guardavamo la scena comodamente sedute dalla macchina! Devo ammettere che le cuoche hanno aiutato ma quelle sono preparate e poi scusa c’erano 8 uomini: e chi la vuole la parità dei sessi? Deve averla pensata così anche il ragazzo israelita che è partito con noi tre e che si è scomposto meno di me e Elena: almeno io ho provveduto a documentare con foto e filmino, lui è uscito dalla macchina solo per fare pipì nella natura. Comunque parlare con lui è stato interessante per capire meglio un popolo che sinceramente mi ha sempre suscitato parecchie perplessità: lui era tutto sommato aperto e socievole ma mi ha confermato aspetti del suo popolo che non posso proprio mandare giù. In viaggio stanno sempre tra di loro e snobbano quasi sempre gli altri, anche perché hanno dei posti dedicati solo a loro..Almeno questo in viaggio, un momento in cui ci si dovrebbe aprire il più possibile. Terza giornata di tour: inizia alla grande con la visita della Laguna Colorada invasa dai fenicotteri. Un paesaggio mozzafiato tanto da essere candidato ad entrare nelle nuove 7 meraviglie del mondo. Da lì ci muoviamo in direzione Uyuni facendo altre soste per vedere altre lagune di cui Ale vi metterà le foto! La sera arriviamo al terzo alloggio: dall’entrata sembra carino e in effetti la camera è anche accogliente. Il problema è il bagno: questa doveva essere la sera in cui ci sarebbe stata concessa la doccia, peccato che per entrare in quel bagno bisogna avere l’antimalarica. Alle 21 tolgono l’acqua: immaginate che bellezza la mattina dopo che tutti sono andati al bagno senza scaricare. Qualcosa ha fluttuato nel bagno per 24 ore… Ultimo giorno dedicato all’attesissimo Salar De Uyuni: questa in Bolivia è la stagione delle piogge e bisogna avere molta fortuna per fare il tour perché si rischia di avere accessi bloccati in diversi punti. Il salar però in questo periodo secondo me è al massimo della sua bellezza: la distesa di sale è inondata e quindi crea dei riflessi e dei giochi di luce meravigliosi. Non abbiamo potuto visitarlo tutto proprio per via dell’inondazione che rende inaccessibili alcuni punti ma resta comunque uno dei posti più belli in cui sia stata in questo viaggio. A circa 7 km dall’entrata si trova un hotel interamente fatto di sale: è molto carino e pensiamo quasi di alloggiarci quando ripasseremo di qui ma la visita del bagno ha fatto cambiare idea a me ed Elena. Mai visto niente di più schifoso: non entro nei dettagli ma vi dico solo che io ho avuto i conati di vomito e mi stavo per sentire male. E abbiamo pure pagato 5 boliviani per entrarci!! Il tour finisce nella cittadina di Uyuni: il treno che ci porterà a Oruro, e di li a La Paz, è a mezzanotte quindi passeremo in questo paesino tutta la giornata. Ci sono diversi pullman che partono durante il giorno ma questa tratta è una delle più brutte della Bolivia quindi optiamo per il treno e dopo la visita al Salar ci affrettiamo ad andare in biglietteria per prenotare i posti. Qui conosciamo un altro elemento memorabile: una signora esaurita inglese che ci attacca bottone e ci chiede se possiamo fare i biglietti insieme per passare avanti. Peraltro senza pudore prova proprio a passare avanti a tutti lamentandosi in inglese del sistema boliviano che a suo dire è fascista. Menomale che il viaggio in treno è di notte e almeno dorme e sta zitta! Ora siamo a La Paz e finalmente abbiamo una connessione decente per pubblicare un po’ di foto!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Be', tra l'Alchimista e tre metri sopra il cielo non so proprio cosa sia peggio!!